Discriminazione territoriale, un fenomeno solo italiano!

di Cristiano PECONI | 08 ottobre 2013

E’ ormai diventato, purtroppo, un consueto appuntamento settimanale, ma serve davvero questa legge? L’inizio di questo campionato e’ stato caratterizzato senza dubbio dall’ entrata in vigore della legge sulla discriminazione territoriale.

Curve sempre piu' vuote!

Curve sempre piu’ vuote!

Ma facciamo un passo alla volta. Già quattro i precedenti in questa stagione nella nostra Serie A, a pagare per prima è stata la Lazio a causa dei cori razzisti intonati dalla Curva Nord durante il match di Supercoppa contro la Juve (discorso diverso). Stessa sorte è toccata poi a Roma e Inter. Resta però molto diverso il caso rossonero, niente razzismo vero e proprio ma discriminazione territoriale appunto.

La norma di riferimento è rappresentata dal novellato articolo 11 comma 3 del Codice di Giustizia Sportiva, il quale recita testualmente che “[le Società] sono altresì responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione espressiva di discriminazione. In caso di prima violazione, si applica la sanzione minima di cui all’art. 18, comma 1 lett. e). In caso di seconda violazione, oltre all’ammenda di almeno euro 50.000,00 per le società professionistiche e di almeno euro 1.000,00 per le società dilettantistiche, si applica la sanzione minima di cui all’art. 18, comma 1, lettera d). Nei casi di particolare gravità e di pluralità di violazioni, nella medesima gara, possono essere inflitte anche la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’art. 18, comma 1, lettere f), g), i), m). In caso di violazioni successive alla seconda, si applicano, congiuntamente o disgiuntamente tra loro e tenuto conto delle concrete circostanze del fatto, la sanzione della perdita della gara e quelle di cui all’art. 18, comma 1, lettere d), f) g), i), m)”.

In sostanza serve davvero questa legge? Ma perche’ viene applicata solamente in Italia?

Niente di simile peraltro è presente nel regolamento Uefa, che se da un lato punisce molto duramente il razzismo, dall’altro non prevede alcunchè per cori da molti derubricati alla voce campanilismo. Ecco infatti cosa recita l’articolo 14 del Codice di disciplina dell’Uefa, approvato dal Comitato esecutivo nel maggio del 2013 e dunque in vigore da questa stagione: “Qualsiasi persona (…) che insulta la dignità umana di una persona o di un gruppo di persone in qualsiasi modo, anche per motivi di colore della pelle, razza, religione, origine etnica, va incontro ad una sospensione della durata di almeno dieci partite o per un determinato periodo di tempo, o a qualsiasi altra sanzione adeguata”.

Serve sicuramente piu’ attenzione riguardo queste decisioni, che in qualche modo potrebbero portare il calcio italiano alla rovina totale.

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